
La festa della Madonna della Salute
Ogni 21 novembre Venezia si ferma, o meglio, si muove tutta insieme verso un unico luogo: la Basilica della Madonna della Salute. La festa in onore della Madonna della Salute è la più cara ai veneziani, un appuntamento che non ha bisogno di grandi fuochi d’artificio o spettacoli: basta un ponte di barche, una candela accesa e il profumo delle bancarelle per sentire l’anima vera della città.
Se capiti in laguna in questo periodo, non troverai una ricorrenza pensata per i turisti, ma un momento vissuto e sentito dalla comunità con la stessa intensità di quasi quattro secoli fa.

Le origini: la promessa durante la peste
La Festa della Salute nasce da un periodo buio. Nel 1630 Venezia fu travolta dalla peste: il morbo uccise decine di migliaia di persone e mise in ginocchio la Repubblica Serenissima. Di fronte a quella tragedia, il Senato fece un voto solenne: se la città fosse stata liberata, avrebbe eretto un grande santuario dedicato alla Vergine Maria.
Il contagio si fermò e la promessa fu mantenuta. Nel 1631 venne posata la prima pietra della basilica, affidata al genio di Baldassarre Longhena, che regalò a Venezia uno dei capolavori del barocco europeo. La chiesa fu consacrata nel 1687, e da allora il pellegrinaggio del 21 novembre è diventato un rito che si rinnova di anno in anno.
Quella promessa è rimasta scritta non solo nella pietra, ma soprattutto nella memoria collettiva. Ogni candela accesa alla Salute ricorda quel voto e, in fondo, il desiderio universale di protezione e guarigione.
La festa oggi: tra devozione e atmosfera popolare
Oggi come allora, il cuore della celebrazione è il ponte votivo. Per qualche giorno, una passerella galleggiante collega le due sponde del Canal Grande, da Santa Maria del Giglio fino ai piedi della basilica. È un gesto semplice e potente: attraversarlo significa partecipare a un rito che unisce la città.
Dal mattino alla sera, migliaia di persone varcano quella soglia simbolica per entrare nella basilica e deporre un cero. Non importa se la motivazione è religiosa o solo affettiva: la scena resta la stessa, un fiume silenzioso di fedeli e cittadini che affidano un pensiero, un ringraziamento o una speranza.
Fuori, l’atmosfera è più vivace. Le calli si riempiono di bancarelle con torroni, dolciumi, fritole e l’immancabile castradina, la pietanza tradizionale della festa a base di cosciotto di montone salato, affumicato e stagionato. Si tratta di un piatto robusto, legato alla memoria della peste, quando la carne di montone, importata dalla Dalmazia, era l'unica disponibile a Venezia.
Per i bambini, la festa è sinonimo di zucchero filato e palloncini, per gli adulti è l’occasione di ritrovarsi in famiglia o con gli amici davanti a un bicchiere di vino o un’ombra de vin, come direbbero i locali.
La Salute non ha la spettacolarità del Carnevale né l’eleganza della Regata Storica, ma ha qualcosa che le altre feste non hanno: un’intimità popolare che la rende cara a tutti i veneziani, dal più devoto al più laico.
Un simbolo che parla anche al presente
Negli ultimi anni, la Festa della Salute ha assunto un significato ancora più profondo. Dopo l’esperienza della pandemia, molti hanno sentito un legame diretto con i veneziani del Seicento che si affidavano alla Madonna per superare la peste. È come se il ponte votivo unisse non solo due rive del Canal Grande, ma anche due epoche lontane, con lo stesso desiderio di speranza e rinascita.
Partecipare a questa ricorrenza è anche un modo per vedere Venezia sotto una luce diversa: non più solo palcoscenico di turisti e fotografi, ma città viva, con una comunità che custodisce le proprie tradizioni con discrezione e orgoglio.
Per i veneziani, la Salute è quasi una seconda festa patronale. Non c’è famiglia che non abbia almeno un ricordo legato a questa giornata: il primo cero acceso da bambini, la passeggiata sul ponte con i genitori, il sapore delle castradine cucinate dalla nonna.
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